di Carlo Bastasin
Una procedura d’infrazione per deficit eccessivo (EDP) è un’azione lanciata dalla Commissione europea nei confronti di uno Stato membro che sta violando i limiti del deficit di bilancio imposti dalle regole europee e più specificamente dal Patto di Crescita e di Stabilità. Si tratta di una procedura piuttosto complessa che procede per stadi e che può anche concludersi con l’irrogazione di sanzioni.
Perché l’UE si occupa delle politiche di bilancio degli Stati membri?
Un’area monetaria come l’euro area deve contare sulla stabilità delle politiche di bilancio anche se queste fanno capo agli Stati nazionali. Un eccesso di instabilità di bilancio o il debito troppo alto di un paese potrebbero infatti ripercuotersi sugli altri paesi attraverso tassi d’interesse più elevati, o fenomeni di contagio come quelli visti dopo il 2009. Dubbi sulla tenuta fiscale anche di un solo paese possono rendere instabile la moneta comune. Per evitare ciò, fin dal Trattato di Maastricht sono state fissate regole, col tempo sempre più minuziose, che determinano e disciplinano le regole condivise per i bilanci nazionali.
La procedura d’infrazione per deficit eccessivo fa quindi parte di quello che viene chiamato il braccio “correttivo” del Patto di Stabilità. Al braccio correttivo si arriva dopo aver violato le regole del braccio “preventivo”, cioè la normale sorveglianza dei bilanci pubblici dei paesi in regola. Il braccio preventivo significa che, nel corso di un processo di monitoring delle politiche di bilancio, detto Semestre Europeo, la Commissione controlla che ogni Stato non devii dal perseguimento del proprio Obiettivo di Medio Termine (MTO), cioè il pareggio strutturale del bilancio. Se si verifica una deviazione sensibile, la Commissione avvia una Procedura “per deviazione significativa”. Se questo passo non è sufficiente a far sì che il governo interessato corregga la politica di bilancio, lo Stato entra nel braccio “correttivo” e ad esso può essere indirizzata l’apertura di una EDP.
Patti chiari, amicizia lunga
Il Protocollo per la EDP annesso al Trattato di Maastricht fissa due criteri in base ai quali la Commissione sorveglia la situazione del bilancio e dell’entità del debito pubblico: Il deficit di bilancio non deve superare il 3% del pil e Il debito pubblico non deve superare il 60% del pil. Nel Trattato europeo vigente si precisano criteri e procedure di un’EDP all’articolo 126 (TFUE). Per quanto riguarda il rapporto tra disavanzo pubblico e pil, esso non deve superare il valore di riferimento, cioè il 3%, a meno che: il rapporto non sia diminuito in modo sostanziale e continuo e abbia raggiunto un livello che si avvicina al valore di riferimento, oppure, in alternativa, il superamento del valore di riferimento sia solo eccezionale e temporaneo e il rapporto resti vicino al valore di riferimento. Per quanto riguarda invece il rapporto debito/pil, esso non deve superare il 60% a meno che il rapporto non si stia riducendo in misura sufficiente e non si avvicini al valore di riferimento con ritmo adeguato. Dal 2011, è stato precisato che cosa si intenda per misura sufficiente e ritmo adeguato. La quota di debito che eccede il 60% deve infatti ridursi di un ventesimo all’anno, o quantomeno il deficit deve convergere verso l’Obiettivo di medio termine cioè un disavanzo strutturale vicino al pareggio, con un miglioramento annuale dei saldi pari ad almeno lo 0,5% del pil.
Se uno Stato non rispetta i requisiti previsti da uno o entrambi i criteri menzionati, la Commissione prepara una relazione. Il documento tiene conto anche della spesa per gli investimenti e di tutti gli altri fattori significativi, compresi i margini di flessibilità legati a eventi irripetibili che possono aver gravato sul bilancio di quell’anno, nonché la posizione economica e di bilancio a medio termine dello Stato membro.
La Commissione può inoltre preparare una relazione se ritiene che in un determinato Stato membro, malgrado i criteri siano rispettati, sussista anche solo il rischio di un disavanzo eccessivo. A questo punto, il Comitato Economico e Finanziario, un organismo intergovernativo del Consiglio Ue, formula un parere in merito alla relazione della Commissione. Successivamente a tale parere, se la Commissione ritiene che in uno Stato membro esista o possa determinarsi in futuro un disavanzo eccessivo‚ trasmette un parere allo Stato membro interessato e ne informa il Consiglio.
Il Consiglio UE, su proposta della Commissione e considerate le osservazioni dello Stato interessato, decide se esiste un disavanzo eccessivo. Una volta stabilita l’esistenza del disavanzo eccessivo, il Consiglio adotta su indicazione della Commissione, le raccomandazioni allo Stato membro al fine di ridurre il disavanzo entro un determinato periodo. Normalmente il contenuto della procedura resta riservato, tuttavia qualora il Consiglio determini che nel periodo prestabilito non sia stato dato seguito effettivo alle sue raccomandazioni, può renderlo pubblico. Ma se ancora, lo Stato interessato dalla procedura disattende le richieste, il Consiglio può intimargli di ridurre il disavanzo entro un termine stabilito e di presentare relazioni al Consiglio in base a un calendario fissato dal Consiglio stesso. Una volta che uno Stato è entrato nella procedura di deficit eccessivo, ha sei mesi – tre nel caso di una violazione grave – per adeguarsi alle raccomandazioni che stabiliscono un “percorso concreto” per la correzione del deficit eccessivo entro le scadenze indicate.
Fin qui il negoziato si conduce tra lo Stato membro, la Commissione, che elabora le raccomandazioni, e il Consiglio che delibera a maggioranza qualificata. Il Parlamento europeo deve essere informato delle decisioni adottate dal Consiglio. Fino a questo stadio, inoltre, non è possibile rivolgersi alla Corte di Giustizia europea.
Tuttavia, se lo Stato membro non ottempera, il Consiglio può decidere di applicare o, a seconda dei casi, di rafforzare una o più delle seguenti misure:
– chiedere che lo Stato membro interessato pubblichi informazioni supplementari, specificate dal Consiglio, prima dell’emissione di obbligazioni o altri titoli,
– invitare la Banca europea per gli investimenti a riconsiderare la sua politica di prestiti verso lo Stato in questione,
– richiedere che lo Stato membro costituisca un deposito infruttifero di importo adeguato (lo 0,2% del pil) presso l’Unione, fino a quando, a parere del Consiglio, il disavanzo eccessivo non sia stato corretto,
– infliggere ammende di entità adeguata, normalmente considerata pari al deposito infruttifero.
Il Consiglio abroga alcune o tutte le decisioni o raccomandazioni indirizzate allo Stato interessato nella misura in cui ritiene che il disavanzo eccessivo sia stato corretto.