L’uguaglianza di genere è una problematica di grande rilevanza che tocca la società nel suo complesso. Nel mondo del lavoro la partecipazione femminile è sistematicamente minore rispetto a quella maschile, e le lavoratrici sono spesso soggette ad un trattamento di sfavore rispetto ai colleghi uomini, sia a livello di retribuzione che di condizioni lavorative. In particolare, l’assenza di un congedo di paternità (fruibile subito dopo la nascita o l’adozione di un figlio) e la possibilità di trasferire dal padre alla madre il congedo parentale (nei primi anni di vita dei figli) scaricano sulle donne i compiti di assistenza per i nuovi nati, rendendole meno competitive nel mercato del lavoro e danneggiando il loro avanzamento di carriera.

Uno studio di Eurobarometro del 2018 mostra infatti che il 42% delle donne europee ritiene che i congedi parentali abbiano un impatto negativo sulla propria carriera. Risulta poi che, per non rinunciare alla maggiore fonte di reddito familiare, il 59% dei padri europei dichiara di non aver fatto né pensato di fare domanda per il congedo di paternità. Ciò implica, per le madri, una prolungata assenza dal mondo del lavoro, creando difficoltà nel reinserimento e contribuendo a mantenere alta la differenza salariale tra uomini e donne. A noi, di Europea, piace invece sognare un’Europa dove le donne possano rivestire dei ruoli chiave ai vertici delle istituzioni e dell’economia.

Lo status quo in Europa

Ad oggi, quasi tutti i paesi europei prevedono un congedo parentale o di paternità, ma la durata e la compensazione variano su base nazionale. La maggioranza dei paesi dell’Unione prevede per gli uomini un breve congedo per la nascita di un figlio: solo 17 stati membri concedono due settimane di congedo di paternità, che vengono retribuito almeno al 66% dello stipendio solo in 13 casi.

Il congedo parentale viene riconosciuto come diritto individuale fruibile da ciascun genitore in 16 stati membri, come un diritto riservato alla famiglia in 10 paesi UE, e in 2 è un mix dei due diritti precedenti. Solamente 10 stati hanno un congedo parentale riservato solo ai padri, ma in tutti questi casi il diritto può essere trasferito alla madre.

In Italia, da gennaio 2019, i padri hanno diritto a cinque giorni di assenza obbligatoria entro cinque mesi dalla nascita del figlio. I padri lavoratori possono poi usufruire di un solo altro giorno di congedo facoltativo, che viene scalato dal congedo di maternità della madre del bambino. Quanto al congedo parentale, esso esiste anche in Italia ed è previsto che padre e madre possano dividersi fino a 11 mesi di congedo facoltativo al 30% dello stipendio, ma secondo Eurobarometro,  solo il 14% dei padri italiani nel 2018 ha preso o ha pensato di prendere un congedo di paternità, mentre il 23% ha fatto domanda o ha pensato di far domanda per il congedo parentale per dedicarsi alla cura dei figli.

Le nuove regole europee

La promozione della parità tra uomini e donne rientra esplicitamente tra gli obiettivi dell’Unione europea. La parità tra uomini e donne e la conciliazione tra vita familiare e vita professionale sono diritti riconosciuti anche dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e il Trattato sul Funzionamento dell’UE consente all’Unione di sostenere e completare l’azione degli Stati membri per quanto riguarda le pari opportunità sul mercato del lavoro e per il trattamento sul lavoro. Anche il Pilastro europeo dei diritti sociali sottoscritto nel 2017 vuole contribuire a migliorare la vita quotidiana degli europei, cercando di offrire alle famiglie un’opportunità di scelta su come conciliare la vita professionale e quella familiare

È in questo contesto che si colloca la nuova direttiva sull’equilibrio famiglia-lavoro adottata il 4 aprile. L’obiettivo generale della direttiva è di adeguare e modernizzare il quadro giuridico dell’UE, per permettere ai genitori (e alle persone con responsabilità di assistenza) di conciliare meglio gli impegni di lavoro e di assistenza, partendo dai diritti esistenti, rafforzandoli in alcuni casi o introducendone di nuovi in altri.

In particolare, il nuovo testo modifica una Direttiva del 2010 che si è rivelata insufficiente nell’aiutare entrambi i genitori ad usufruire in modo equo dei loro diritti al congedo parentale. La principale novità riguarda l’introduzione di una disposizione minima comune che prevede 10 giorni di congedo di paternità dopo la nascita di un figlio, da retribuirsi a un livello pari al congedo per malattia. Le nuove misure rafforzano l’attuale diritto al congedo parentale di 4 mesi, di cui 2 non trasferibili tra i genitori, con un indennizzo per questi 2 mesi che sarà stabilito dagli Stati membri, nonché il diritto di richiedere modalità di lavoro flessibili.

È chiaro l’intento di voler ridurre gli ostacoli per una piena partecipazione femminile al mondo del lavoro: una maggiore partecipazione delle lavoratrici significa una retribuzione più alta, diminuendo il rischio di povertà e di esclusione sociale. Un maggiore coinvolgimento nella cura dei figli da parte degli uomini contribuirà a creare legami familiari più forti. Non si tratta soltanto di rafforzare i diritti individuali: le nuove norme tengono conto delle esigenze delle piccole e medie imprese, facendo in modo che queste non risentano in maniera sproporzionata delle nuove disposizioni.

Gli Stati Membri avranno ora tre anni per recepire le misure sul congedo di paternità e cinque anni per quelle sul congedo parentale.