Con l’espressione “politiche attive del lavoro” si intendono le iniziative e i servizi per promuovere l’occupazione e l’inserimento lavorativo. Esse sono ruciali nel mercato del lavoro moderno, dove spesso si rende necessaria una rapida ricollocazione dei lavoratori, per scelta o per necessità. In Italia, i cosiddetti centri per l’impiego hanno subito per anni un sotto-finanziamento, e accumulato un ritardo enorme rispetto al resto d’Europa in termini di efficienza.

Il programma Garanzia giovani

L’Unione europea ha provato a colmare questo gap  attraverso una serie di programmi comuni o co-finanziando una serie di progetti locali. Per i primi si pensi al  piano europeo Garanzia Giovani, destinato ai paesi con un tasso di disoccupazione giovanile superiore al 25%, tra cui, purtroppo, si annovera anche l’Italia. Da Bruxelles sono stati predisposti appositi stanziamenti per migliorare l’impiegabilità dei giovani che non studiano e non lavorano. Le misure previste sono un servizio di accoglienza, orientamento e formazione presso i centri per l’impiego, un sistema di bonus occupazionali per le imprese e una serie di progetti speciali, finanziati al 20% dall’Unione europea.

Gli aiuti per il reinserimento professionale dei disoccupati

Tra i numerosi programmi regionali finanziati dall’Unione tramite il Fondo Sociale Europeo (qui la mappa interattiva), è interessante il caso della Dote Unica Lavoro della Regione Lombardia, un programma che garantisce un sussidio di disoccupazione aggiuntivo e un percorso finanziato di formazione per i cittadini disoccupati. Questo fiore all’occhiello delle nostre politiche attive è stato finanziato  fino al 2013 per oltre un terzo con fondi europei, ma la quota è aumentata durante la seconda e terza fase, con oltre 440 milioni (di cui 140 per la Dote Unica Lavoro) stanziati per le politiche attive dal FSE nel triennio 2014-2017, secondo la Regione. E si potrebbe fare ancora di più: si sono arenate infatti, forse temporaneamente, misure come la skills guarantee, un sussidio volto a offrire ai lavoratori in età medio-avanzata un’opportunità per aggiornare le proprie competenze, e la child guarantee, una misura a sostegno delle famiglie con bambini che rischiano di crescere in condizioni di povertà.

Il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione

Anche per rispondere all’ultima grande crisi finanziaria globale, l’Unione europea ha messo a disposizione degli Stati membri fino a 150 milioni di euro all’anno per fornire un aiuto mirato e limitato nel tempo ai lavoratori in esubero e ai lavoratori autonomi che abbiano dovuto cessare l’attività. Qualora ciò abbia un impatto negativo rilevante sull’economia locale, regionale o nazionale, l’Ue può finanziare fino al 60% del costo di progetti destinati ad aiutare a trovare un altro impiego o avviare una propria attività.

La mano spesso invisibile dell’Ue

Per riassumere, le iniziative dell’Unione Europea in campo sociale sono numerose ma poco riconoscibili dai cittadini. E’ un peccato, perché molti di loro valutano con favore un impegno dell’Unione nel campo del sociale. Per rendere più riconoscibile, ma anche più consistente e diffusa l’azione dell’Unione europea in ambito sociale alcuni studiosi hanno elaborato la proposta di una vera e propria Unione Sociale Europea, che permetterebbe di creare un circolo virtuoso tra investimenti europei e creazione di consenso e di solidarietà europea.