L’Unione europea è forse il più grande e ambizioso progetto politico della storia.

Appena superato lo shock di due spaventosi conflitti mondiali in esso originatisi, un continente, in cui parafrasando von Clausewitz per troppi secoli la politica ha proseguito con altri mezzi, ha trovato la forza e l’ardire, senza precedenti, di superare diversità e divergenze costituendo un’Unione impensabile solo pochi anni prima.

Si trattava, e si tratta, di unire popoli anche molto diversi, forti identità nazionali, orgogli e tradizioni spesso centenarie in un qualcosa il cui collante fossero pace, libertà e prosperità.

La necessità di pace era forte nel 1957 dopo l’orrore di due guerre cruente e ravvicinate, così come le aspirazioni democratiche di molti e la voglia di risollevarsi, anche economicamente.

A ben vedere l’Unione Europea, certamente imperfetta ma peraltro in continua evoluzione, è una missione titanica che, proprio perché accolta con entusiasmo e senza riserve dai popoli dei paesi fondatori e mai messa seriamente in discussione, ha avuto un’evoluzione rapida e mirabile ma che, a causa di tali origini, è oggi impreparata a difendere le ragioni a fondamento della propria esistenza.

Oggi infatti, questo ardimentoso edificio è minacciato in ogni dove da piccoli uomini, piccoli interessi e provincialismi che appaiono all’uomo istruito sproporzionati nella loro pochezza, lampantemente anti-storici e retrogradi ma che utilizzano, in modo spesso magistrale, canali e tecniche di analisi e comunicazione propri del marketing, tanto subdoli quanto sofisticati e già utilizzati con incredibile successo oltre oceano.

Ciò, su stimolo di Europea, mi ha spinto ad affrontare il tema della comunicazione sull’Europa prima da un punto vista ontologico, cioè del perché debba esistere, e poi dal punto di vista strategico, ovvero degli obiettivi in termini competitivi.

La volontà di recuperare una rilevanza della politica nazionale e l’opportunità di acquisire consensi utilizzando l’Unione come capro espiatorio o come alibi, costituiscono i due principali obiettivi delle forze contrarie alla UE che, paradossalmente, riferiscono ad essa mali che invece derivano da altre cause quali, ad esempio, una globalizzazione certo troppo veloce, rispetto ai quali, peraltro, l’Unione è l’unica possibile risorsa per gli ormai singolarmente troppo piccoli e quindi troppo deboli stati membri. L’asimmetria è evidente!

Attaccare, difendersi o… comunicare

Le istituzioni europee non hanno tra i loro obiettivi la difesa dell’Unione e le forze europeiste, visti i successi degli euro-scettici, tendono troppo spesso a conformarsi ai poveri argomenti di questi ultimi, quasi che i singoli stati, di ben più antica fondazione, siano esenti da problemi di funzionamento e non siano in primis, essi stessi, causa dei propri problemi.

La comunicazione anti-UE è invece strategica e utilizza tattiche che spaziano dalla disinformazione alla vera e propria propaganda utilizzando una costante saturazione dell’attenzione mediatica, mentre quella delle forze europeiste è fondamentalmente mera informazione perlopiù operata con toni e linguaggi istituzionali, quindi lontani dal “popolo”.

Ma la comunicazione strategica è necessaria sia per coloro che attaccano sia per chi vuole difendersi. Essa, non solo in politica, si basa sull’individuazione di necessità da soddisfare ma, prima ancora, da sfruttare per fini di convincimento.

Soddisfare le necessità

A fronte di attacchi senza precedenti orientati alla loro distruzione, istituzioni e forze politiche che vogliano operare in difesa dell’Europa, dovrebbero dunque definire una strategia, possibilmente proattiva, incentrata su una comunicazione strategica, e quest’ultima deve essere basata sull’individuazione e sulla soddisfazione di necessità, e prima di tutto di quelle sulle quali fanno leva i detrattori dell’Unione, o, eventualmente, sul contrasto delle speciose tesi avversarie.

In un’epoca in cui la pace tra i popoli del vecchio continente è data per scontata (e in qualche caso dove si pensa ad accelerare la dimenticanza di recenti e antichi orrori abolendo lo studio della storia) così come le libertà e il benessere, la politica europeista deve guardare a nuove emergenti necessità, combattere con decisione subdole strumentalizzazioni e configurare una conseguente comunicazione strategica utilizzando canali e linguaggi che dipendono dai segmenti di cittadinanza interessati.

La comunicazione empatica e la cinica strategia dei detrattori Ue

Gli elementi che caratterizzano la comunicazione dei detrattori dell’Unione sono fondamentalmente sintetizzabili come segue.

·      Proporre soluzioni tanto più semplici quanto più è complesso il problema.

L’istintivo rifiuto di soluzioni complesse è proporzionale al grado di disagio vissuto. Un rimedio semplice, e quindi immediatamente attuabile, esercita un fascino pressoché irresistibile.

Elemento distintivo di questa tattica è l’atteggiamento irridente, talvolta addirittura canzonatorio, nei riguardi di pareri autorevoli o opinioni scientifiche.

·      Far leva su bisogni primari.

A tal proposito, il bisogno di sicurezza è stato certamente il più sfruttato dalla comunicazione politica populista e sovranista negli ultimi tempi, nei quali l’invasione dello straniero è stata spesso evocata come il principale pericolo delle civiltà avanzate.

·      Sollecitare orgogli e aspirazioni.

Come nel marketing, basti pensare all’idea di brand personality, creare e alimentare identità cui aspirare o nelle quali identificarsi è stata, ed è, l’idea fondante di molti movimenti politici.

A parte il naturale successo del proporre di identificarsi in qualcosa di diverso, i messaggi incentrati sulle aspirazioni evocano condizioni e status più elevati di quelli che caratterizzano i destinatari del messaggio.  

Tali principi erano alla base delle propagande nazista e fascista e sono oggi alla base del funzionamento e del successo delle fake news le quali, non a caso, come illustrato da un recente studio di Soroush, Roy e Aral, finiscono per avere una velocità di propagazione ed una capacità di persuasione maggiore delle notizie autentiche.

Esse, infatti, propongono realtà affascinanti, consolatorie o autoassolutorie alle quali i destinatari si affezionano rapidamente e difficilmente vi rinunciano.

Si può contrastare l’instillazione di paure senza evocare più gravi pericoli?

Guardando all’esperienza americana sembra di no. E ancora: come combattere il grande inganno di chi si professa europeista mentre ordisce trame preordinate a una inevitabile uscita dall’Unione?

È abbastanza prevedibile che i “portatori di divergenze” e di intransigenti posizioni nazionaliste, la cui crescita in patria sembra inarrestabile, non riusciranno a trovare sintesi comuni ma è indubbio che, proprio per questo, un loro successo alle prossime elezioni europee potrebbe essere l’inizio della fine dell’Unione.