Le politiche di coesione sono nate con il Trattato istitutivo della CEE, nel 1957, per porre rimedio agli squilibri di reddito e di sviluppo tra le diverse regioni che componevano la neonata Europa, all’epoca formata da 6 paesi (oggi sono regolate dagli articoli 174-178 del Trattato di funzionamento UE – TFUE). I tempi di messa in opera saranno lunghi: nel 1968 verrà creata la Direzione generale della politica regionale, in seno alla Commissione, nel 1975 il Fondo di sviluppo regionale, il principale fondo a disposizione delle politiche strutturali.

L’allargamento e la necessità di ripensare la politica di coesione

Nel 1988 una prima svolta: l’ingresso di Grecia (1981), Spagna e Portogallo (1986) pone il problema della messa a punto di una politica di coesione più ampia, fondata su principi quali un’attenzione più marcata alle regioni meno favorite, una programmazione pluriennale, in modo da poter impostare misure di sviluppo capaci di produrre effetti nel tempo, un orientamento strategico degli investimenti in modo da generare sviluppo endogeno. Inizia in quegli anni il dialogo con i partners nazionali, regionali e locali al fine di non calare dall’alto le decisioni sulla base di un approccio tecnocratico.

Con il Trattato di Maastricht (1993) interviene una novità di grande rilevo: la messa in cantiere della moneta unica.  Il periodo dal 1993 al 2002, anno di entra in circolazione dell’euro, sarà caratterizzato da una serie di misure volte alla convergenza dei diversi sistemi economici. Per la politica di coesione le novità saranno rilevanti in quanto appare chiaro che la creazione del mercato unico e dell’unione monetaria avrebbero comportato una concentrazione delle risorse verso il «centro» del sistema, verso i paesi più ricchi.

Pertanto, le politiche di coesione avrebbero dovuto essere rafforzate. Tra il 1994 e il 1999 i fondi vengono raddoppiati fino a costituire 1/3 del bilancio comunitario (il bilancio dell’Unione europea è pari a circa l’1 % del Pil comunitario).  

I fondi strutturali, il braccio operativo dell’Unione

I fondi strutturali, in un primo tempo, hanno svolto solo una funzione di supporto finanziario in favore delle regioni meno sviluppate. Col tempo hanno assunto sempre più i tratti di braccio operativo delle politiche dell’Unione. Quindi, non solo fonte finanziaria ma strumento di orientamento politico verso una crescita che tiene conto delle priorità europee.

Molto importante è stato lo sviluppo del dialogo e del partenariato con le regioni e gli enti locali in modo da comprendere le esigenze poste dal territorio e la sua «filosofia dello sviluppo». Con il Trattato di Maastricht era stato introdotto, inoltre, il principio della «sussidiarietà» secondo cui le politiche, ed in particolare quelle relative allo sviluppo, vanno decise e realizzate il più vicino possibile ai cittadini. Il primo livello è quindi la collettività locale, il comune. L’Unione europea interviene solo quando le azioni da intraprendere possano ottenere il maggior successo a quel livello. Quando l’azione dell’UE costituisce un plus. Prendiamo ad esempio i corridoi ferroviari a livello europeo. Devono essere disegnati su scala continentale e porteranno vantaggi a tutte le collettività coinvolte.