La settimana scorsa la Banca centrale europea ha annunciato importanti misure che prolungano le condizioni monetarie ultra-accomodanti già in vigore, rinviando ogni aumento dei tassi d’interesse e fornendo nuovi sostegni alla liquidità delle banche e ai prestiti alle imprese. Non si tratta di un vero mutamento di impostazione, come molti commentatori hanno scritto, ma piuttosto di un adattamento della strategia esistente reso necessario dal rallentamento dell’economia più forte del previsto sia in Europa sia nel resto del mondo. Dunque, il processo di ‘normalizzazione’ della politica monetaria, dopo gli anni dell’abbondanza del quantitative easing, è stato temporaneamente messo in attesa – con l’idea che possa riprendere appena l’economia riprenda a crescere.
Uniti, più solidi
Due aspetti paiono da sottolineare. In primo luogo, la Banca centrale europea si è dimostrata capace di rispondere rapidamente e con misure forti al deterioramento del quadro economico. Le sue misure saranno particolarmente utili ad alleviare possibili tensioni di liquidità nei paesi dell’eurozona meridionale, rendendo disponibili nuove linee di credito alle banche per sostituire quelle in scadenza a partire dall’anno prossimo. L’utilità di una banca centrale comune è evidente: nessuna banca centrale nazionale avrebbe potuto adottare simili misure da sola, senza vedere il cambio della sua moneta nazionale andare a picco e i tassi d’interesse salire, invece di scendere.
La strategia di crescita europea da rivedere
In secondo luogo, il rallentamento economico riflette il rallentamento del commercio mondiale, in primo luogo delle importazioni cinesi. Il rallentamento del commercio riflette solo in parte le avvisaglie di guerra commerciale generate dall’amministrazione Trump; pesa anche, e continuerà a pesare in futuro, il progressivo spostamento della domanda nell’economia cinese verso i consumi interni. Emerge così la debolezza di una strategia di crescita europea centrata sulle esportazioni – una strategia imposta dalla Germania all’intera eurozona, che continua a deprimere la crescita della domanda interna, che ci espone agli shock provenienti dal resto del mondo e che non potremo continuare a mantenere mentre sia la Cina, sia gli Stati Uniti riducono le loro importazioni nette dal resto del mondo.
Il peso dell’incertezza italiana
Più in generale, pesa sull’andamento dell’economia l’enorme aumento dell’incertezza generato per le imprese e i consumatori, dai timori di generalizzazione della guerra commerciale, ma anche da fenomeni specifici in Europa, e cioè i timori di una Brexit senza accordo e quelli di un avvitamento nell’instabilità dell’economia italiana. A quest’ultimo riguardo, la recente legge di bilancio ha fatto riemergere i dubbi degli investitori sulla sostenibilità del debito pubblico italiano, dato che le maggiori spese per Quota 100 e il reddito di cittadinanza appaiono ancora non coperte da adeguate entrate negli anni a venire, mentre molte misure colpiscono le imprese e peggiorano l’ambiente per gli investimenti, facendo cadere l’economia.