La sfida del cambiamento climatico per l’Europa

Il cambiamento climatico è una delle sfide più grandi di questo secolo. I suoi impatti stanno già trasformando l’ambiente in cui viviamo minacciando così la sicurezza e la prosperità di tutti i cittadini europei. A causa delle attività umane, e in particolare dell’utilizzo dei combustibili fossili (carbone, petrolio e gas), il Pianeta ha accumulato una concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera (pari a 410 parti per milione di CO2) mai vissuta prima nella storia dell’umanità. Dalla seconda metà del 1800 il Pianeta si è riscaldato già di un grado a livello medio globale e dal 2000 in poi abbiamo registrato gli anni più caldi di sempre. La media globale però non riflette il fatto che varie zone geografiche, come l’Europa, si riscaldano più velocemente della stessa. L’Europa registra infatti un incremento di temperatura di 1,6-1,7 gradi.

Per l’Italia, il 2018 è stato l’anno più caldo dal 1800. Le più alte temperature aumentano l’energia presente in atmosfera e in questo modo la frequenza e la violenza di effetti meteorologici e fisici estremi come alluvioni, siccità, ondate di calore e l’innalzamento dei mari dallo scioglimento dei ghiacci polari. Nel 2017 gli impatti climatici hanno causato in Europa danni economici senza precedenti per 283 miliardi di euro. In Italia sono state 32 nel 2018 le vittime in 148 eventi estremi che si sono succeduti lungo tutta la penisola. Per limitare i danni e i rischi a livelli più gestibili possibili, la comunità scientifica concorda che l’Europa deve abbattere tutte le emissioni clima-alteranti al più tardi entro il 2050 e il resto del mondo deve fare lo stesso entro poco dopo. Ci sono le tecnologie e le risorse economiche per farlo. Il fattore chiave è la volontà politica di attuare la transizione ecologica nei tempi richiesti.

Questa sfida è particolarmente importante per la sicurezza dell’Italia perché la regione del Mediterraneo è quella più esposta agli impatti del cambiamento climatico. La sfida del clima è per sua natura una sfida globale e solo un’Europa unita e forte può avere la credibilità per richiedere sforzi simili di riduzione delle emissioni agli altri paesi, in particolare i grandi emettitori come Cina e India. Nessun paese europeo da solo avrebbe la forza di proteggere e promuovere gli interessi dei propri cittadini in un mondo globalizzato e dominato delle grandi potenzi asiatiche e americane.

Cosa ha fatto l’Europa nella lotta al cambiamento climatico?

L’Europa è stata il promotore ed è tuttora leader globale nell’azione per il clima. Nel 1997 l’Unione Europea è stata la potenza trainante che ha permesso di adottare, per la prima volta, obiettivi vincolanti di riduzione dei gas serra attraverso il Protocollo di Kyoto e mantenerli in vita nonostante l’allora Presidente degli Stati Uniti, George W. Bush, scelse di non aderire. Nei due decenni successivi l’Unione Europea, insieme agli Stati Uniti del Presidente Obama e alla Cina, è riuscita a costruire la fiducia internazionale necessaria ad adottare lo storico Accordo di Parigi durante la ventunesima Conferenza sul clima delle Nazioni Unite (COP21) nel 2015. All’ultima Conferenza sul clima (COP24) tenutasi in Polonia nel dicembre 2018 tutti i paesi, compresi gli Stati Uniti del Presidente Trump, hanno concordato regole comuni che garantiscono la verifica e la trasparenza sui progressi dell’azione per il clima. Anche in questa occasione l’Europa ha giocato un ruolo chiave nello sbloccare i negoziati attraverso una cooperazione stretta con i paesi più vulnerabili e con altri paesi sviluppati, come Canada, Norvegia e Nuova Zelanda.

Nonostante i progressi sulle regole, le azioni e gli obiettivi nazionali di tutti i paesi rimangono ancora insufficienti. Con l’Accordo di Parigi tutti i paesi si sono impegnati, collettivamente, a limitare il riscaldamento globale medio ben al di sotto dei 2 gradi, con sforzi per raggiungere 1,5 gradi, attraverso impegni nazionali e finanziamenti per i paesi in via di sviluppo. Questi impegni nazionali, sommati, non sono però sufficienti a raggiungere gli obiettivi collettivi desiderati. Al momento siamo in rotta per un surriscaldamento del Pianeta di circa 3 gradi al 2100. Occorrono perciò obiettivi nazionali più ambiziosi e azioni concrete di attuazione della decarbonizzazione.

A livello domestico, l’Unione Europea è stata la prima potenza ad adottare obiettivi ambiziosi  e misure vincolanti sul clima e l’energia con due pacchetti di medio periodo, prima al 2020 e poi al 2030, che hanno permesso la riduzione delle emissioni rafforzando allo stesso tempo la crescita economia. Tra il 1990 e il 2016 le emissioni di gas serra si sono ridotte del 22% mentre il Prodotto interno lordo (PIL) è cresciuto del 54%. Questi pacchetti di misure comunitarie hanno permesso di mobilitare ingenti investimenti a supporto delle energie rinnovabili, dell’efficienza energetica e della costruzione del mercato unico dell’energia. Oltre alla riduzione delle emissioni, essi hanno permesso di creare 4 milioni di posti di lavoro di qualità e sostenibili. Le energie rinnovabili da sole danno lavoro a 1,5 milioni di persone e permettono di risparmiare ogni anno diversi miliardi di euro sulle importazioni evitate di combustibili fossili (nel 2015 sono stati risparmiati oltre 16 miliardi di euro). Senza gli obiettivi e gli strumenti messi in campo dalla Commissione Europea, su indicazione e approvazione degli Stati Membri e di concerto con il Parlamento Europeo, l’Europa non sarebbe oggi il campione industriale del clima e dell’energia pulita e non avrebbe quella credibilità per spingere gli altri paesi ad agire di conseguenza.

La strategia di lungo periodo proposta dalla Commissione Europea

Guardando al futuro, l’Europa vuole continuare a guidare l’azione per il clima. Da un lato per proteggere i cittadini dal peggioramento degli impatti attraverso la strategia di adattamento ai cambiamenti climatici. Dall’altro per accelerare gli sforzi di abbattimento delle emissioni e prosperare nel nuovo mercato globale dell’energia pulita, efficiente e intelligente in un contesto di crescente competizione internazionale. Per questo la Commissione Europea ha proposto una strategia di lungo periodo che mira a far diventare l’Europa la prima economia mondiale completamente decarbonizzata, cioè un’economia a emissioni zero entro il 2050, che:

  1. crea una ricchezza addizionale equivalente al 2% del PIL europeo, compreso un risparmio di 2-3 mila miliardi di euro sulle importazione di combustibili fossili e un’espansione dell’economia europea doppia rispetto al 1990;

  2. riduce di oltre il 40% le morti premature causate da polveri sottili, risparmiando 200 miliardi di euro all’anno in danni alla salute, ed evita i peggiori effetti del cambiamento climatico, proteggendo milioni di vite, riducendo i danni economici e limitando i movimenti forzati delle persone e l’insorgere di nuovi conflitti;
  1. rilancia la produttività e competitività industriale diventando la prima potenza al mondo per innovazione.