I due trattati su cui dal 2009 si basa l’Unione europea sono famosi: il Trattato sull’Unione europea (TUE) e il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE). Molto meno nota è la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che costituisce la terza parte del Trattato di Lisbona.
Secondo un’opinione diffusa, dopo la caduta della proposta di Costituzione europea nel 2004 sarebbe venuta meno la prospettiva di una “Europa dei diritti”; prevalendo, invece, l’Europa della burocrazia e degli affari.
Nulla di più sbagliato. Il “cuore” della proposta di Costituzione europea è stato travasato nei due trattati, il TUE e il TFUE, in vigore dal 2009; soprattutto, la parte sui diritti dei cittadini europei (ma in molti casi anche del “chiunque”, non cittadino) è stata recuperata in pieno quale terza parte del Trattato di Lisbona. È divenuta l’equivalente europeo del Bill of Rights degli USA.
La Carta ha avuto una storia particolare: elaborata da una speciale “convenzione”, sul modello della Costituzione USA del 1787; proclamata a Nizza nel 2000; migliorata nel 2007 e finalmente entrata in vigore, come detto, dal 2009.
Essendo una parte (la terza) del Trattato di Lisbona, la Carta ha valore di norma primaria dell’Unione. In sostanza è una parte cruciale del sistema costituzionale dell’UE, la sua applicazione concreta è controllata dai giudici dell’UE (la Corte di giustizia ed il Tribunale dell’UE), nonché dai giudici nazionali in osservanza del primato del diritto europeo.
Per gli immancabili scettici, la Carta comunque non apporterebbe per l’Italia nulla di più di quanto già previsto dalla nostra Costituzione; potrebbe addirittura produrre un corto circuito tra i giudici nazionali e quelli dell’Unione, con casi di sovrapposizione. Anche nella prospettiva di un’Europa più vasta dell’UE, quella del Consiglio d’Europa (organizzazione internazionale cui fanno capo ulteriori Stati), la Carta potrebbe determinare frizioni con la Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU) e con la giurisprudenza della Corte dei diritti dell’uomo (per chiarezza, del tutto diversa dalla Corte di giustizia dell’UE).
L’Europa è quindi attualmente caratterizzato dalla compresenza di tre sistemi di salvaguardia dei diritti fondamentali dell’uomo (il sistema costituzionale nazionale, il sistema CEDU, il sistema UE). Un paradosso di segno positivo: che fa dell’Unione l’area del mondo in cui i diritti fondamentali sono meglio garantiti, per estensione dei diritti considerati e per effettività della loro tutela.
La Carta non si limita a riprendere gran parte delle previsioni delle costituzioni nazionali e della stessa nostra (ad esempio sulla proprietà e sui diritti di difesa), ma contiene previsioni nuove, di ultima generazione potremmo dire. Un ottimo esempio è il titolo V relativo ai diritti di cittadinanza, con previsioni che negli ordinamenti nazionali sono disciplinati da norme (quando vi sono; non sempre) di legge ordinaria, non dalla costituzione.
In breve, la Carta da una parteintegra e completa le garanzie dei diritti riconosciuti dalle costituzioninazionali; dall’altra le duplica, ma introducendo un nuovo livello di tutelagiurisdizionale, quando occorra.
Il sistema funziona efficacemente, tanto che per molti cittadini europei e per persone di Stati terzi che vivono nell’UE la garanzia dei diritti sembra una circostanza così definitivamente acquisita da non suscitare più particolare interesse. In realtà questa felice situazione non è stata uno sviluppo inevitabile e spontaneo delle cose, ma il frutto di una tenace politica realizzata per una volta in piena sinergia tra Stati membri, istituzioni della UE, giudici nazionali ed europei; sotto l’occhio attento della parte più avveduta della società civile europea. Per concludere, il processo di integrazione europea ha ampliato i nostri diritti e ha reso più efficace la loro garanzia.