Secondo un’opinione diffusa, l’Europa sarebbe governata da burocrati. Questi sarebbero politicamente irresponsabili, insensibili ai problemi quotidiani dei cittadini, oscuri nel modo di decidere e di regolare. La realtà tuttavia è ben diversa.

Il Presidente della Commissione europea e i singoli commissari sono politici a tutti gli effetti. I candidati alla presidenza sono designati dalle diverse famiglie politiche prima delle elezioni per il Parlamento europeo, che elegge il Presidente della Commissione europea. I singoli commissari spesso hanno ricoperto posizioni importanti nei governi dei loro paesi e conquistato il consenso in campagne e secondo sistemi elettorali che nella maggior parte dei casi garantiscono un legame con i cittadini ben più stretto, ad esempio, di quello esistente nel nostro Paese.

La nomina dei commissari non avviene sulla base di un oscuro negoziato tra partiti come accade per la scelta dei ministri in Italia, ma a seguito di una procedura trasparente, che coinvolge governi nazionali e istituzioni europee. L’ordinamento prevede anche la previa audizione dei singoli designati davanti al Parlamento europeo: un vero e proprio interrogatorio sulle qualità personali e i programmi di ciascuno. In Italia, soltanto alcune settimane dopo il giuramento e il voto di fiducia i ministri si presentano davanti alle commissioni parlamentari per presentare le proprie linee di azione.

Al di sotto degli organi di indirizzo politico, come in ogni paese, opera la struttura amministrativa. I dipendenti della Commissione europea sono circa 32.000 tra personale fisso e temporaneo. Il Parlamento europeo europeo ne conta circa 7.500 e il Consiglio dell’Unione europea circa 3.500. In Italia, il solo Comune di Roma ha circa 24.000 dipendenti ai quali vanno aggiunti altri 24.000 delle società e aziende partecipate, per un totale di circa 48.000.

Prima di assumere iniziative legislative o regolamentari, di norma la Commissione pubblica un “libro verde” con cui illustra lo stato di un determinato settore o problema, al fine di sollecitare un dibattito pubblico e di raccogliere idee e commenti in vista di un futuro intervento. A seguire, la Commissione pubblica in un “libro bianco” le sue proposte di azione avviando così il procedimento che porterà alla loro adozione e attuazione. Ogni proposta legislativa della Commissione è sottoposta a una procedura di consultazione aperta al pubblico e a una previa analisi di impatto da parte di un organismo indipendente. Come noto, nulla di simile avviene in alcuno Stato membro dell’Unione. Il discorso vale anche per l’Italia, nel quale, tranne rare eccezioni (che riguardano soprattutto l’attività delle autorità indipendenti), presupposti e scopi dell’iniziativa legislativa di governo e parlamento rimangono spesso misteriosi.

E’ vero che non mancano esempi di eccesso di regolamenti e direttive dell’Unione. Questo vale anche per diversi Paesi. Si può osservare che l’Italia, secondo alcune stime, con il suo numero di leggi in vigore (circa 150mila) supera di gran lunga altri paesi europei (in Francia sarebbero circa 7mila, in Germania circa 5.500, nel Regno Unito circa 3mila).

Bisogna poi evidenziare che, in base a quanto previsto dalla Carta dei diritti, la Commissione e le agenzie europee devono garantire il diritto di ogni cittadino a una “buona amministrazione. Ciò significa che ogni persona ha diritto a che le questioni che la riguardano siano trattate in modo imparziale ed equo ed entro un termine ragionevole. Il diritto alla buona amministrazione comprende: «a) il diritto di ogni persona di essere ascoltata prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che le rechi pregiudizio; b) il diritto di ogni persona di accedere al fascicolo che la riguarda, nel rispetto dei legittimi interessi della riservatezza e del segreto professionale e commerciale; c) l’obbligo per l’amministrazione di motivare le proprie decisioni». Un apposito Mediatore europeo può essere chiamato a giudicare su tutti i casi di cattiva amministrazione. E’ difficile trovare una Costituzione degli Stati membri con così tante prescrizioni alle proprie amministrazioni, e sul loro effettivo rispetto.

Si noti infine che queste regole di buona amministrazione sono seguite dalla Commissione anche quando si rivolge agli Stati membri invitandoli a rispettare il diritto europeo. Ogni volta che la Commissione apre una procedura di infrazione, scrive allo Stato membro dandogli la possibilità di far valere il suo punto di vista. Questa regola di condotta, talora dileggiata da alcuni esponenti dei governi nazionali, che censurano la Commissione è in realtà funzionale alla migliore rappresentazione dell’interesse nazionale in sede europea. Un’occasione che non andrebbe persa.