Il Tribunale dell’Unione europea ha annullato la decisione della Commissione europea che aveva qualificato l’intervento del Fondo interbancario di tutela dei depositi (FITD) a favore di Banca Tercas come aiuto di stato, richiedendo la restituzione delle risorse fornite.
L’antefatto
La questione era sorta nel 2013, quando la Banca Popolare di Bari aveva manifestato l’intenzione di sottoscrivere un aumento di capitale di Banca Tercas, dal 2012 in amministrazione straordinaria, subordinandola alla condizione che il FITD coprisse il deficit patrimoniale di Tercas.
Il FITD è un consorzio privato tra banche di tipo mutualistico, che deve intervenire a favore dei suoi membri a titolo di garanzia dei depositi in caso di liquidazione coatta amministrativa di uno dei suoi membri, ma che, in base al suo statuto, può intervenire anche su base volontaria , con intervento facoltativo, se questo consente di ridurre gli oneri sui propri membri che possono derivare dal possibile rimborso dei depositanti.
L’intervento accordato dal FITD a favore di banca Tercas, (nella forma di conferimenti di capitale e garanzie) autorizzato dalla Banca d’Italia, non fu notificato alla Commissione europea in quanto non ritenuto un aiuto di Stato dall’Italia. Nel 2015 la Commissione europea aveva invece considerato l’intervento del FITD come una misura incompatibile con le norme europee sugli aiuti di stato. Secondo la Commissione, l’intervento del FITD, seppur costituito da risorse private, era imputabili allo Stato italiano considerata l’approvazione della Banca d’Italia dell’operazione e l’obbligatorietà per legge dei versamenti al Fondo.
Contro la decisione della Commissione lo Stato italiano, la Banca popolare di Bari e il FITD hanno presentato ricorso al Tribunale UE. Con la sentenza del 19 marzo 2019 la decisione della Commissione è stata annullata, in quanto essa ha erroneamente ritenuto che le misure a favore di Tercas presupponessero l’uso di risorse statali e fossero imputabili allo Stato.
L’annullamento della decisione della Commissione
Secondo il Tribunale non sono presenti le due condizioni che caratterizzano un aiuto di Stato: essere imputabile allo Stato ed essere concesso direttamente o indirettamente mediante risorse statali.
Quanto alla prima condizione, non ci sono in questo caso indizi sufficienti a ritenere che l’intervento del FITD, ente privato sia stato adottato sotto l’influenza o il controllo effettivo delle autorità pubbliche. Numerosi elementi indicano invece che il Fondo ha agito autonomamente nell’intervento a favore della banca.
La legge italiana impone al FITD esclusivamente il compito di rimborsare i depositanti, nei limiti di 100.000 euro, in caso di liquidazione coatta amministrativa di una banca membro del fondo. Al di fuori di questo compito, il Fondo non agisce in esecuzione di un mandato pubblico imposto dalla legge. L’intervento di sostegno a favore di Tercas, pertanto, non è avvenuto in esecuzione di un mandato pubblico.
Secondo il Tribunale, la Commissione non ha dimostrato l’imputabilità alle autorità pubbliche italiane dell’adozione della misura in favore di Tercas. Il FITD è un consorzio di diritto privato che agisce sulla base del suo statuto, per conto e nell’interesse delle consorziate. L’autorizzazione della Banca d’Italia all’intervento in favore di banca Tercas non consente di attribuire la misura allo Stato italiano, poiché la Banca d’Italia non ha imposto l’intervento del Fondo a favore della banca, ma è intervenuta esclusivamente nel suo ruolo di autorità di vigilanza.
Sulla seconda condizione, (il finanziamento mediante risorse statali), il Tribunale ha osservato che la Commissione non ha dimostrato che i fondi concessi a Tercas fossero controllati dalle autorità pubbliche italiane. L’intervento del Fondo è avvenuto con risorse fornite dalle banche membri del Fondo, e nell’interesse dei membri del Fondo, poiché l’aiuto a Tercas risultava meno oneroso rispetto all’attuazione della garanzia legale a favore dei depositanti di Tercas, in caso di liquidazione coatta amministrativa della banca.
La sentenza del Tribunale europeo annulla quindi la decisione della Commissione del 2015 a seguito della quale negli anni successivi non è stato più possibile effettuare analoghi interventi in altre situazioni successive di banche in crisi. Si apre quindi uno spazio per il settore bancario per interventi mutualistici per fare fronte ad alcune situazioni d’emergenza, purché gli interventi siano adottati nel rispetto delle regole della concorrenza e si continui a privilegiare un’azione preventiva di vigilanza per assicurare la stabilità del sistema.