Anche l’istruttoria aperta all’inizio di gennaio dalla Commissione europea sull’acquisizione da parte di Fincantieri dei cantieri navali di Saint-Nazaire è stata presa a pretesto da alcuni per denigrare l’Europa. Ma i fatti sembrano dire tutt’altro.

Il caso

Va ricordato anzitutto che l’acquisizione di Chantiers de l’Atlantique è avvenuta nel febbraio 2018 all’esito di una trattativa articolata che ha visto coinvolti anche i governi italiano e francese e la soluzione trovata tiene conto di equilibri delicati. Il governo francese ha confermato peraltro proprio in questi giorni il supporto all’iniziativa.

L’acquisizione, considerati i valori soglia di fatturato, non richiedeva una valutazione preventiva sotto il profilo concorrenziale da parte della Commissione europea, ma soltanto dell’autorità di concorrenza francese e di quella tedesca. La notifica dell’operazione all’Autorité de la concurrence richiesta dal Codice di commercio francese è avvenuta all’inizio di novembre

Le regole Ue a tutela della concorrenza

A questo punto però si è innestata l’iniziativa dello Stato francese (in realtà dell’Autorità antitrust francese) che, al pari di ogni Stato membro, può chiedere alla Commissione di esaminare il caso anche se esso non ha una dimensione europea determinata in modo automatico in base a indici di fatturato, ma possa comunque provocare distorsioni della concorrenza. Si tratta dunque di una facoltà prevista dal Regolamento europeo sulle concentrazioni, da esercitare entro un termine breve (quindici giorni lavorativi dalla notifica). Le statistiche confermano che si tratta di un evento non frequente (dal 1990 al 2018 in tutto 38 casi).

Una volta ricevuta la richiesta, la Commissione informa “senza ritardo” gli Stati membri e le imprese interessate. Ciò è avvenuto verosimilmente ai primi di dicembre e anche l’Italia ha ricevuto l’informazione. Entro un altro termine breve gli Stati membri possono aderire alla richiesta iniziale di apertura dell’istruttoria, ciò che ha fatto solo la Germania. A questo punto, la Commissione ha dieci giorni lavorativi di tempo per decidere se aprire l’istruttoria, ciò che è avvenuto l’8 gennaio.

Anche qui le statistiche sono significative: solo in 4 casi su 38 la Commissione ha archiviato.

È la prassi!

La prassi è dunque quella di assecondare le richieste degli Stati sull’assunto che esse abbiano almeno un minimo di fondamento. Del resto, sarebbe poco rispettoso da parte della Commissione non prendere in seria considerazione queste iniziative degli Stati membri.

In ogni caso, i dati complessivi sulle istruttorie avviate dalla Commissione (265 dal 1990) dimostrano che solo in 27 casi la concentrazione è stata vietata. Di regola le concentrazioni sono dunque approvate, spesso con condizioni e impegni volti a superare eventuali problemi anticoncorrenziali. La Commissione assumere la decisione entro il termine perentorio di 90 giorni (salve proroghe talvolta richieste dalle stesse imprese), decorso il quale la concentrazione è comunque approvata.

E allora perché le critiche?

Se questi dati sono corretti, sembrano pretestuose molte critiche rivolte non soltanto contro l’iniziativa della Francia e della Germania, ma anche contro l’apertura dell’istruttoria da parte della Commissione europea.   Quest’ultima non ha fatto altro che seguire la prassi ed è ragionevole ipotizzare che l’acquisizione di Fincantieri non verrà ostacolata.

Né si può accusare la Commissione di essere più propensa a dar ascolto a paesi forti come la Francia o la Germania. Proprio in questi giorni infatti la Commissione sta esaminando un’altra operazione di concentrazione riguardante le attività ferroviarie di due colossi industriali dei due paesi, Alstom e Siemens, e a quanto pare stanno emergendo gravi dubbi sugli effetti anticompetitivi di una fusione che mira a creare un “campione europeo” in grado di competere soprattutto con i concorrenti cinesi e canadese.  In questo, come in altri casi, la Commissione assolve soltanto, in modo neutrale rispetto agli Stati membri, al suo mandato.

Viene anche il dubbio che critiche nostrane alle Commissione europea sulla vicenda di Fincantieri siano dettate da una convinzione più generale di contrarietà alla cultura del mercato e ai benefici della concorrenza sia a livello nazionale, sia a livello europeo. Ma ciò non sarebbe meno grave.